I corridori del Giro chiedono un aiuto concreto per i loro compagni
Perché alcuni di noi possono correre e altri no?
Perché non troviamo insieme una soluzione al problema?
Perché non pedaliamo tutti verso libertà, uguaglianza e fraternità?
Perchè non dimostriamo che lo sport unisce e non divide?
Perchè non facciamo trionfare la pace almeno nel piccolo grande mondo del ciclismo?
Il Giro d’Italia è pronto ad affrontare la sua ultima e decisiva settimana di corsa mentre alcuni membri del
gruppo sono ormai fermi da oltre due mesi e mezzo. L’associazione internazionale dei corridori (CPA) ha
spiegato il significato del braccialetto blu con impresso Perchè? che i girini stanno utilizzando in questi
giorni: vogliono mandare un messaggio di sostegno agli atleti di diverse nazionalità della formazione Pro
Tour a cui dal 1° marzo è stata revocata la licenza UCI in seguito alle raccomandazioni del Comitato
Olimpico Internazionale (CIO) che l’Unione Ciclistica Internazionale (UCI) ha fatto proprie dopo lo scoppio
della guerra in Ucraina.
Le famiglie coinvolte in questa vicenda sono 53, un totale di 164 persone, in maggioranza europee, che
dall’oggi al domani si sono trovate senza lavoro, stipendio, prospettive di avere un presente e un futuro
in ambito ciclistico senza un logico perché. Tra loro molti giovani, professionisti qualificati nel loro ambito,
padri e madri di famiglia, che chiedono un aiuto perché non debbano mettere la parola fine alle loro
carriere.
«Da quando è emerso il problema abbiamo provato in ogni modo a favorire un dialogo tra UCI e squadra
per cercare una soluzione, purtroppo senza successo. Non è stato possibile far continuare a correre questi
atleti con una maglia neutra o dare loro la possibilità di entrare a far parte di altre squadre come
avevamo chiesto. I 21 corridori coinvolti dalla vicenda, come tutti noi, sono assolutamente contrari ed
estranei alla guerra, ma ne pagano direttamente le conseguenze e, se l’UCI non interviene subito,
saranno costretti a smettere di svolgere il loro lavoro per sempre. Come sindacato non possiamo dare
tutte le risposte ai nostri ragazzi e ragazze, ma ci facciamo portavoce nei confronti dell’UCI, a cui
chiediamo un aiuto concreto per questi membri del gruppo» spiega il presidente del CPA Gianni Bugno.
«Il gruppo è compatto a favore della pace. Al Giro d’Italia così come in ogni altra corsa si trovano fianco a
fianco atleti di ogni nazionalità che si mettono alla prova, sfidandosi con rispetto e lealtà. Lo sport è
apolitico e deve restare super partes. Lo sport unisce, non divide. Detto questo, il diritto al lavoro di
questi ragazzi è stato negato senza motivo e come associazione riteniamo di doverlo proteggere».
Rispettando la delicatezza della situazione internazionale, il gruppo chiede a una voce alla propria
federazione di trovare una soluzione in ambito sportivo. Con un gesto simbolico i ciclisti professionisti
inviano dalla corsa rosa al mondo un messaggio di pace e solidarietà tra colleghi, pretendendo dall’UCI
una risposta ma soprattutto degli aiuti concreti per queste persone.
comunicato stampa CPA Cycling – foto SprintCyclingAgency©2022